Libro: Quale cultura per il fine vita?
Autore: Arcidiocesi di Milano. Servizio per la Pastorale della Salute (a cura di)
Edizione: EDB
Anno: 2011
Pagine: 88
Prezzo: 6,90
Codice ISBN: 8810203593
Questo agevole libro contiene gli atti di un convegno organizzato dalla Sezione di Bioetica del Servizio per la Pastorale della Salute dell’Arcidiocesi di Milano nel 2010, intitolato “Quale cultura per il fine vita? 30 anni di Iura et Bona”. Il convegno era infatti incentrato sulla “Dichiarazione sull’eutanasia della Sacra Congragazione per la Dottrina della Fede Iura et Bona”, emessa il 5 maggio 1980. Questo documento ha assunto una fondamentale importanza per il magistero cattolico relativamente ai temi etici di fine vita: valore della vita umana, eutanasia, utilizzo degli analgesici, uso proporzionato dei mezzi terapeutici, ecc..
Il valore del libro sta proprio nella approfondita riflessione che viene condotta soprattutto da due autori, Massimo Rechlin e Aristide Fumagalli, sul criterio di proporzionalità.
Massimo Rechlin dapprima evidenzia come il tradizionale concetto di sacralità della vita vada ricondotto all’idea che la vita fisica non è, nella prospettiva cristiana, un bene assoluto o incondizionato e quindi “non sempre e non ad ogni costo si deve fare tutto ciò che contribuisce a conservarla”. Quindi pone l’accento sul “considerevole spazio per il giudizio individuale” cioè sull’autonomia della persona malata nel soppesare la proporzione tra oneri e benefici di un mezzo terapeutico. Questa sottolineatura è importante perchè evidenzia un punto di versosimile condivisione fra la prospettiva cattolica e la prospettiva laica circa due elementi fodamentali: il carattere situazionale del giudizio di proporzionalità ed il ruolo del giudizio individuale. Questi due elementi malauguratamente rimangono spesso in ombra nel dibattito etico.
Sul tema del giudizio individuale e della correlata responsabilità personale Aristide Fumagalli compie un approfondimento che evidenzia come la “dottrina morale della coscienza le riconosce il diritto all’ultima parola nelle decisioni personali, sul presupposto, però, del dovere di formare il proprio giudizio riferendosi alla verità del bene cui rinvia l’oggettività della legge morale”. Ovviamente lettori di diverso orientamento etico daranno interpretazioni diverse a quest’ultimo punto e al filo del ragionamento che percorre tutto il libro, ma proprio tale è il motivo per cui vale la pena leggere con attenzione questo testo.
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Luciano Orsi (orsiluciano@gmail.com)
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