Coreografia: Jan Fabre
Composizione musicale: Bernard Foccroulle
Danzatrice: Annabelle Chambon
Produzione: Troubleyn/Jan Fabre
E’ difficile rappresentare la morte a teatro. L’atmosfera di “Preparatio mortis” è quella di una veglia funebre. Musica d’organo nel buio, intenso profumo di una montagna di fiori che copre un catafalco. Dalla montagna emerge una donna. Prima una mano, poi il braccio, poi tutto il corpo che sembra sospeso nel vuoto. Figura onirica e metamorfica, umana e a tratti bestiale. Il suo è un sogno o un incubo? Forse si prepara a morire, forse è già morta. Forse è risorta e vaga nell’altra vita. Emergendo con movimenti lenti, disarticolati, ampi, la donna svela quel monumento funebre dal quale si distacca per danzare con i fiori. Li raccoglie, li ammucchia, li butta in aria, li spezza, vi rotola sopra. Ha l’aria impaurita. Di scoperta e di sorpresa. Alterna angoscia a gioia, sofferenza a godimento. Sembra instaurare un rapporto erotico nello strofinarseli addosso. Lotta con essi e forse con la stessa morte. E intanto libra le braccia come per volare, liberarsi. Si contorce, ha fremiti, rantola, corre. Dopo un lungo attimo di buio la ritroviamo nuda dentro la bara di vetro dentro la quale si scorge la scritta di una data. Gioca con delle farfalle e infine si raggomitola in posizione fetale. Morte e vita si sono incontrate.
segnalazione di Michele Gallucci (jlhga@tin.it)