Autore: Umberto Curi
Edizione: Bollati Boringhieri
Anno: 2011
Pagine: 236
Prezzo: 16.50 euro
Codice ISBN: 978-8833922515

Il libro è una piacevolissima immersione nell’antropologia mitologica e nella riflessione filosofica sul rapporto tra la morte e la vita. Spaziando con grande sapienza nei miti fondanti la civiltà greco-occidentale (Alcesti, Prometeo, la Gorgone, Orfeo e Euridice, le Moire, ecc.) di platonica memoria, Umberto Curi ne esplora le profonde implicazioni filosofiche, tracciando linee di riflessione che arrivano a Kafka, Kierkegaard e Nietzsche per poi terminare in una originale rilettura della visione cristiana del rapporto fra la vita e la morte.

Questa rilettura viene illustrata in un’ottica meno consueta (“minoritaria”) lontana dalle consolanti certezze cristiane della vita eterna che proseguirà quella terrena e molto più consonante con la visione classica che ritiene opportuno “recuperare la morte come momento cruciale e decisivo della vita, e dunque anche come ciò che concorre a definirne il senso e farcene cogliere la specifica qualità. Imparare a morire, in una simile prospettiva, non vuol dire sforzarsi di “addomesticare” la morte, tentando di disinnescarne la carica angosciosa”.

Nell’impossibilità della ragione umana di sapere se la morte sia la fine del tutto o solo un transito ad altro, si può concludere, secondo Curi, che essa è verosimilmente sia l’uno che l’altro (fine e transito). E dunque “che si tratta di un “via di qua”, senza che si possa aggiungere null’altro, senza che si possa dire se vi è un “dove”, comunque definibile, verso cui ci si muove”. Il fascino che scaturisce dalle intense pagine dedicate alla riflessione filosofica è ulteriormente accentuato dalla bellezza descrittiva delle pagine dedicate alla rilettura poetica di Rilke della indimenticabile vicenda di Orfeo e Euridice.

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Luciano Orsi (orsiluciano@gmail.com)

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