Autore: Fabrizio Turoldo
Edizione: Citta Nuova Roma
Anno: 2010
Pagine: 96
Prezzo: 10 euro
Codice ISBN: 9788831101653
Anche se non recente, questo libro di agevole lettura per chiarezza del linguaggio e contenute dimensioni, mantiene tutto il suo valore grazie all’attualità dei temi trattati e all’originale impianto argomentativo. Infatti, il testo prima di affrontare i problemi etici del fne vita, dedica una sostanziosa prima parte all’inquadramento epistemologico della bioetica e ai paradigmi della medicina e della cura.
Questa prima parte è importante perché ripercorre i passaggi dal to cure al to care, dal modello riduzionistico (biomedico) della medicina al modello olistico (bio-psico-sociale), passando per l’umanizzazione della medicina, per l’auspicata (dall’autore) integrazione fra l’etica delle norme e dei principi con l’etica delle virtù e dei valori, approdando all’etica della cura vista criticamente. È questo, per Turoldo, il centro della bioetica e da qui si dovrebbe partire per andare verso le questioni di confine della medicina e della biologia con la correlata necessità di porre limiti alla tecno-scienza. Ritengo che sia un errore dare per scontato che i suddetti concetti siano ben conosciuti nel variegato mondo delle attuali cure palliative perché sono ormai passati più di venti anni dalla loro affermazione; verosimilmente, soprattutto in chi si è avvicinato più recentemente alle cure palliative molti di questi concetti non sono noti o introiettati dentro la visione della cura. Parimenti degne di attenzioni sono le riflessioni sull’empatia realistica (non idealizzata), sul guaritore ferito, sul diventare osservatore dell’altro (malato o caregiver) imparando ad osservare se stessi, sulla depressione reattiva e su quella preparatoria.
La seconda parte del libro è invece dedicata alle questione etiche di confine, cioè alle decisioni di fine vita, partendo da un breve ma interessante excursus storico sul concetto di autonomia vista come categoria etica necessaria per l’umanizzazione della medicina, e proseguendo con l’illustrazione dei suoi presunti limiti e con qualche osservazione provocatoria rispetto alla concezione attuale e, a detta dell’autore, ipertrofizzata dell’autodeterminazione. Il discorso sui temi del fine vita prosegue assumendo una posizione intermedia sulla limitazione dei trattamenti nel solco classico della formula “né accanimento terapeutico né eutanasia”.
Più interessante sono, invece, sia la distinzione operata dall’autore fra “morte naturale”, classificata come non utile alla gestione del fine vita, e “morte umana”, concetto giudicato più utile perché compatibile con il paradigma della sproporzione terapeutica, sia la critica alla definizione di mezzi ordinari e straordinari che va sostituita dalla distinzione fra mezzi proporzionati e sproporzionati. Molto più discutibilè è, a mio modo di vedere, l’accenno al mantenimento della categoria eutanasia “passiva”. Infine, sulle direttive anticipate il testo elenca documenti etici e normativi approfondendo alcuni risvolti dei classici argomenti pro e contro il testamento biologico. Molto interessante è la riflessione finale sul rapporto fra convinzioni morali e obblighi giuridici che nel dibattito pubblico viene spesso stravolta o mistificata e che, invece, l’autore correttamente traccia con rigore.
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Luciano Orsi (orsiluciano@gmail.com)