Libro: Lincoln nel bardo
Autore: George Saunders
Edizione: Feltrinelli
Anno: 2017
Pagine: 352
Prezzo: 18.50 euro
Codice ISBN: 9788807032547

Un padre, e suo figlio. Un padre disperato, presidente degli Stati Uniti, e suo figlio che muore a undici anni e si trova confinato in un purgatorio. Saunders mette in scena un inedito aldilà romanzesco popolato di anime in stallo e permette al lettore un viaggio verso Abramo Lincoln, l’uomo privato, e Willie, il suo ragazzo che è già un ometto saggio e un punto di riferimento per tutti. L’autore «scompone» la narrazione in più voci — i due protagonisti e le altre presenze del Bardo — ricostruendo i fatti e l’amore che lega i protagonisti.
Il risultato è un mosaico di testimonianze che aiutano Willie nel trapasso, mettendosi al servizio di Abramo attraverso piccoli segni che fanno arrivare ai vivi. Un romanzo corale, dunque, che unisce per l’ultima volta un papà e la sua creatura.

Saunders costruisce il testo attorno a un mosaico di citazioni da biografie di Lincoln, saggi di storia, epistolari, (fonti vere e false), che fanno da snodo e da cornice alla vicenda. Il romanzo si svolge in una sola notte che intreccia momenti di vita privata – la baldoria nella casa dei Lincoln con il febbricitante Willie –  e si intreccia con la Storia: nel febbraio 1862 la Guerra Civile è iniziata da un anno e Lincoln sente il peso delle responsabilità verso l’intero paese votato al disastro. Nella serata Lincoln e la moglie alternano i sorrisi meccanici verso gli ospiti alle visite al piano di sopra dove Willie soffre, gravemente malato e dove morirà di febbre tifoide.
Il centro emotivo è l’impossibilità per un padre di accettare la morte del proprio bambino. Willie è gentile, intelligente, affettuoso, è «come ci si immagina sarà il proprio figlio, prima di avere figli». Sono descritti momenti di pura commozione, come quando Lincoln ritrova il figlio morto. Il presidente piange sottovoce, si muove rigido nel limbo, «tutto gomiti e ginocchia». Quando il figlio lo vede gli corre «subito incontro, la gioia dipinta in volto». Ma la gioia si trasforma «in costernazione quando l’uomo non lo sollevò in braccio come, immagino, usava fra loro». Infatti «il ragazzino gli passò attraverso, mentre l’uomo proseguiva verso la casa di pietra bianca, piangendo». Lincoln proprio non riesce ad accettare la morte del figlio e, per questo, poche ore dopo averlo sepolto, torna al cimitero, per stare ancora un po’ con lui. Per cercare di lasciarlo andare. Si fa aprire la cripta dove il corpo del figlio giace, imbalsamato come si usava allora. È notte e Lincoln ha appena realizzato ciò che è accaduto, vuole vederlo un’ultima volta. Una situazione inedita, mai vista dagli abitanti del Bardo descritto nel Libro Tibetano dei morti, quella specie di limbo della tradizione buddista in cui le anime dei morti sono di passaggio prima di passare alla loro vita eterna. Il Bardo è descritto nel Libro Tibetano dei morti come una sorta di limbo in cui si trovano le coscienze dopo la separazione dai corpi (ovvero dopo la morte). Non tutte le anime che popolano questo spazio sanno del futuro che le attende: pensano di essere solo malate e hanno scelto di rimanere lì in attesa di qualcosa. Credono, infatti, che ci sia ancora una possibilità, nonostante in ogni momento qualcuno di loro se ne vada definitivamente. Ma sanno anche che quello non è il posto adatto per un bambino e quando arriva il piccolo Willie, in tre si danno da fare (Hans Vollman, che gira per il Bardo in attesa di consumare il suo matrimonio; Roger Bevins, suicidatosi perché omosessuale ma ancora convinto di essersi salvato; e il reverendo Everly Thomas, che di anime in passato ha già cercato di salvarne, invano). Nel limbo si aggirano creature ancora troppo attaccate all’esistenza precedente come Willie, che non riesce a separarsi dal padre, e il padre, che non riesce a separarsi dal figlio. A sconvolge queste anime perse arriva Willie, che è morto e non lo sa, e di suo padre, che è come morto ma deve vivere per il bene del proprio paese. Le voci degli spiriti e il controcanto della storia. «Ci siamo voluti tanto bene, caro Willie, ma ora, per motivi che non possiamo comprendere, quel legame è stato spezzato. Ma il nostro legame non potrà mai essere spezzato. Tu sarai sempre con me, figliolo, finché vivrò.»

La commozione è il sintomo di questo libro, che è anche ironico, sfrontato, ma che non dimentica mai la lacerazione tra un figlio e un padre. Legami umani interrotti, elemosinati, persone che inventano nuovi codici per stare insieme. È vincere la morte, in fondo a tutto. Lincoln nel Bardo ha alcune scene di una forza e di uno strazio inaudite. Dolorosissime e bellissime, per le loro implicazioni. Perché accettare la morte di una persona cara è una cosa difficile e quando questa persona è un bambino lo diventa ancora di più.

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Cristina Pedroni (cristina.pedroni@ausl.re.it)

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