Libro: Io e lei. Oltre la vita
Autore: Edoardo Boncinelli
Edizione: Guanda
Anno: 2017
Pagine: 192
Prezzo: 14 euro
Codice ISBN: 9788823516960

In “Io e Lei” u Edoardo Boncinelli offre una meditazione sulla morte: attraverso le risposte offerte da scienza e religione, e attraverso l’esperienza di una vita; racconta come si possa provare a guardare alla fine con serenità. Lui famoso genetista e prolifico scrittore, Lei la morte.
Tema scomodo e fuori moda riflettere sulla morte. Morte che, scrive Boncinelli, ci rincorre per una vita.
Occuparci della nostra nascita per noi è impossibile, il prima ci è sconosciuto. Ma di certo, da vivi, possiamo riflettere sulla nostra morte, anche se il poi ci è ignoto.
Edoardo Boncinelli racconta di avere avuto consapevolezza della morte a cinque anni, mentre a Bologna nell’immediato dopoguerra, ospite di un centro profughi allestito alla meglio in una caserma, parlava con la mamma di persone che non c’erano più. Di colpo si rese conto che anche i nonni erano destinati ad andarsene, e pianse. Da allora la morte per lui è diventata un concetto acquisito, ma non angosciante.
E proprio questo gli ha facilitato l’intensa meditazione che ci offre con questo libro.
Da scienziato e pensatore libero, sempre dichiaratosi laico e poco propenso ad ogni credenza metafisica, Edoardo Boncinelli in Io e Lei indaga tutti gli aspetti e le possibili interpretazioni del fine vita con una serenità di animo che restituisce a questo evento la sua naturalità, privandolo delle sovrastrutture negative.
Io e lei, cioè io e la morte. Che cos’è? E soprattutto: come contenere l’angoscia che nasce dal riflettere sulla propria fine (riflessione complicata, «tutti sappiamo che gli uomini muoiono, ma a nessuno appare chiarissimo che lui morirà», scrive il genetista) ora che le condizioni e le possibilità di cura sono cambiate, la probabilità di andarsene lentamente, troppo lentamente, si fa concreta e l’atteggiamento di passiva attesa non è più l’unico accettabile? Mentre il dibattito parlamentare avanza a fatica, la consapevolezza della necessità di elaborare una nuova etica ha conquistato uno spazio pubblico.
Per la verità nel libro si parla di Dio, religione, scienza, biologia, fisica, chimica, filosofia, neuroscienze, coscienza e molto altro ancora. Pochissimo della morte.
E il messaggio di Boncinelli ricorda la celebre frase di Epicuro “La morte non è nulla per noi perché quando ci siamo noi non c’è la morte, quando c’è la morte noi non siamo più”. Boncinelli lo traduce così: “Se stiamo parlando di me, io non incontrerò mai la mia morte, nonostante gli innumerevoli biglietti da visita che mi ha fatto recapitare durante tutta la vita. Non esiste la mia morte né in un “ora” né in un “poi””.
Forse le conclusioni non sono una novità ma dal libro di Boncinelli abbiamo davvero tanto da imparare.
Discute con argomentazioni lucide e stringenti le consolazioni della religione, eterna consolazione degli uomini. Boncinelli aveva già scritto un libro sul tema dal titolo più che eloquente: “Contro il sacro – perché la religione ci rende stupidi”. Qui ribadisce il suo pensiero e in sostanza di Dio e della religione non salva nulla. Tutti abbiamo bisogno di credere in qualcosa ma rifugiarsi nella religione porta più danni che benefici. Parlare di sacro significa rinunciare in partenza ad utilizzare la nostra razionalità.
«La mia propria coscienza individuale — scrive — non potrà mai confrontarsi con la mia morte, perché la morte non le appartiene; non è nel suo campo esperienziale». Ma alla vita la morte conferisce un orizzonte. È dalla vita che dobbiamo partire per articolare il discorso. Sgombrato dunque il campo dal sacro restano le risorse della scienza che esamina con passione e generosità divulgativa, fino a metterci a parte delle ultime ricerche della genetica e della biologia. Cos’è dunque la vita? Gli esseri viventi, risponde Boncinelli, sono «una specie di scandalo o, se vogliamo, di bestemmia scientifica». Più che spaventarci per la morte, sostiene in fondo Boncinelli, dovremmo piuttosto meravigliarci per la vita: che non è la normalità, è lo straordinario. Siamo come giocattoli caricati a tempo: a un certo punto si muore.
Se la religione ha la pretesa assurda di spiegare tutto con racconti ed argomenti tra i più inverosimili, la scienza riconosce i suoi limiti, ma ha permesso lo straordinario progresso collettivo delle nostre società. E sempre grazie alla scienza la nostra vita individuale si allunga sempre di più. Certo non esiste (per fortuna) la vita eterna. Invecchiamo e poi moriamo perché, secondo Boncinelli, la natura, o meglio la selezione naturale, semplicemente si disinteressa di noi dopo l’età riproduttiva.
Infine affronta l’autentico mistero dell’universo, la coscienza, nostra assoluta unicità, l’unico grande mistero dell’universo. Scrive Boncinelli: “Io sono uno scienziato, ho amato la scienza per tutta la vita, ma devo ammettere che non riesco a collocare la coscienza in questo mondo spiegabile, per quanto abbia cercato di darmene conto per decenni”.
«La mia vita, il mio corpo e in fondo anche la mia morte le posso vedere da fuori. Quello che si chiama comunemente conoscenza è un insieme di contemplazioni da fuori delle cose del mondo e della vita», osserva Boncinelli. Se invece guardiamo la vita «da dentro», tutto cambia: «Dentro c’è solo la continuità della mia percezione del mondo, mia e solamente mia. Io sono la mia coscienza e questa non può morire», perché la morte, come abbiamo visto, è estranea alla sua esperienza
La coscienza è per Boncinelli il punto chiave, l’autentico mistero dell’universo: non la vita, non la morte. La coscienza. «È la comparsa della mia consapevolezza di esserci e la conquista della mia identità il vero problema, il vero mistero, al quale per ora, al di là delle chiacchiere, non ha mai messo mano nessuno».
Su questo aspetto sintetizza così il suo sentimento: “Verrà la morte e non chiuderò i miei occhi”.
E ancora si chiede come vincere la paura della morte? Boncinelli dà la propria personale risposta, raccontando l’ansia di fare, di scrivere, di lasciare una traccia «in particolare oggi che ho una certa età», 76 anni compiuti. Lo aveva già detto in passato: se non si lascia nulla, si può anche essere stato l’uomo migliore del mondo ma è come se non si fosse mai esistiti.
Boncinelli dice di non temere la propria morte, anche se al termine del libro sembra confessarci che la sua smania di scrivere forse è proprio il modo per esorcizzarla.

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Cristina Pedroni (cristina.pedroni@ausl.re.it)

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