TJ Smith, direttore della Palliative Care Unit presso il Johns Hopkins S. Kimmel Cancer Center di Baltimora, conferma il notevole valore del famoso studio di JS Temel (Early palliative care for patients with metastatic non-small-cell lung cancer. N Engl J Med 2010:19;733-42) che ha dimostrato come le simultaneous care consentano di ottenere una migliore qualità della vita, un miglior controllo dei sintomi, una riduzione della depressione e dell’ansia, un minore stress emotivo dei caregiver. Tali procedure portano inoltre a un maggior rispetto delle volontà del malato, un minor utilizzo di chemioterapici negli ultimi due mesi di vita associato a un più frequente e prolungato uso dell’assistenza palliativa e, infine, una sopravvivenza maggiore di tre mesi rispetto ai malati gestiti con il trattamento oncologico standard. TJ Smith preconizza un notevole sviluppo delle simultaneous o concurrent care tale da prevedere che nei malati in trattamento palliativo non saranno più esclusi chemioterapie, radioterapie, eccetera. Secondo l’autore è addirittura probabile che le assicurazioni sosterranno questo nuovo approccio, soprattutto se applicato a livello domiciliare perché meno costoso e più in sintonia con le volontà del malato rispetto al ricovero ospedaliero, soprattutto se in terapia intensiva. L’autore conclude stigmatizzando che ciò sarà possibile con il superamento della ritrosia dei sanitari ad affrontare conversazioni veritiere sulla diagnosi e la prognosi; a tal fine egli suggerisce che queste conversazioni siano condotte negli ultimi 3-6 mesi di vita dei pazienti da parte degli oncologi insieme ai palliativisti onde favorire un passaggio soft dall’oncologia alle cure palliative.
Link: 
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– clicca qui per leggere l’articolo dello studio di JS Temel

segnalazione di Luciano Orsi (luciano.orsi@aopoma.it)

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