Questo è un articolo scritto da due palliativisti ma ospitato in un’importante rivista oncologica che ci dice che cosa stia bollendo nella pentola degli oncologi europei e che, in sintonia con gli oncologi statunitensi, conferma la netta apertura non solo alle cure palliative ma soprattutto alle simultaneos care al punto di proporre una nuova sintetica definizione di cure palliative come ‘cura specialistica per malati affetti da patologie severe, di qualunque tipo esse siano e in qualunque fase evolutiva’, con il classico obiettivo di controllare la sofferenza e realizzare la miglior qualità di vita. Stupisce nell’articolo la tranquillità con cui vengono ribaditi la volontà della maggior parte dei malati di essere informati della prognosi e delle alternative terapeutiche, di preferire la casa come luogo di cura e di morte, soprattutto se sostenuti da un programma di cure palliative e la sincerità con cui si ammette la diffusa insoddisfazione dei malati per l’attuale scarsa propensione all’informazione su tali temi, l’alta mortalità dei malati (per esempio 30% di quelli assistiti da Medicare) in ospedale o addirittura in terapia intensiva e la somministrazione di chemioterapie nell’ultimo mese di vita. Altrettanto decisa è la richiesta al programmatore sanitario nazionale di incrementare i finanziamenti per la pianificazione anticipata delle cure, le direttive anticipate e per le cure palliative che hanno dimostrato risultati migliori sia nel grado di controllo dei sintomi sia in quello della soddisfazione dei malati e dei familiari oltre che nel contenimento dei costi rispetto alle cure oncologiche standard. Ancor più stupefacente è la richiesta degli oncologi di attivare un monitoraggio dei percorsi terapeutici (non sperimentali) con una approvazione centralizzata di chemioterapie di non comprovata efficacia.
 

Epstein AS, Morrison RS. Palliative oncology: identity, progress and the path ahead. Ann Oncol 2012;23 ;43-8

Segnalazione di Luciano Orsi (luciano.orsi@aopoma.it)

 


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