Da questa ricerca emergono due elementi significativi: i medici più giovani e di provenienza internistica o dalla medicina di famiglia e i medici che hanno meno difficoltà a condurre una conversazione di fine vita sono più propensi ad attivare un approccio palliativo per i malati oncologici e non oncologici con un’aspettativa di vita inferiore a un anno. Un altro elemento evidenziato dall’articolo è l’orientamento dell’istituzione verso le cure palliative: le organizzazioni sanitarie più favorevoli a esse consentono un clima organizzativo interno che permette l’avvio di percorsi palliativi, soprattutto domiciliari. Le implicazioni formative e organizzative che gli autori hanno rilevato consistono nel perseverare nella formazione dei sanitari, anche al livello universitario, sui temi delle conversazioni di fine vita e delle cure palliative.