Poco tempo fa mi è capitato di prendere in carico un paziente a domicilio il cui figlio era un’Operatore Socio Sanitario che lavora in una casa di riposo. Quando gli ho spiegato che nel momento in cui il papà non fosse stato più in grado di assumere i farmaci per os saremmo passati alla somministrazione sottocutanea e gli ho spiegato in che cosa essa consista mi ha chiesto: ‘Ma allora perché non viene utilizzata anche in casa di riposo? A volte dobbiamo mobilizzare con fatica pazienti allettati e sofferenti per fare un’iniezione intramuscolare quando avremmo a disposizione una via ben più comoda’. In effetti…. Mi ha fatto ripensare ad un’altra paziente che avevo avuto in passato, un’infermiera la cui migliore amica e caregiver era a sua volta un’infermiera che lavorava in Pronto Soccorso. In quel caso la paziente era agitata e proposi di iniettare una fiala di midazolam sottocute. Ovviamente questo scandalizzò non poco l’amica, già pronta a incannulare una vena. Amica che si ricredette però appena vide l’effetto dell’iniezione sottocutanea, sovrapponibile a quello di un’endovenosa. Se poi si pensa anche alla possibilità di infusione di liquidi (quando realmente indicati) in ipodermoclisi sono chiare l’importanza e la praticità di utilizzo di questa via di somministrazione, perlomeno in determinate tipologie di pazienti.

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Daniela Martinelli (daniela.martinelli@aopoma.it)

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