Una ricerca pubblicata l’anno scorso su BMJ Supportive & Palliative Care sull’utilizzo online delle metafore di violenza e di viaggio nei pazienti con cancro. Quante volte abbiamo sentito e forse anche usato una terminologia da combattimento nel parlare di cancro (battaglia, guerra, bomba ad orologeria,…) oppure abbiamo sentito o usato espressioni come percorso di malattia, viaggio, cammino,.. Le conclusioni della ricerca dicono che le metafore di violenza non sono negative di default, possono sì esprimere e rinforzare sentimenti negativi, ma posso anche essere usate come un modo per diventare più forti, per essere più motivati ad affrontare la malattia. Al tempo stesso le metafore di viaggio non sono un mezzo per concettualizzare il cancro positivo di default, possono sì esprimere e rinforzare sentimenti positivi ma possono anche esprimere una mancanza di accettazione o di controllo della propria situazione. Interessante è l’evidenza a sfavore dell’utilizzo di metafore di violenza nell’interazione tra sanitari e pazienti. Cioè attribuire dall’esterno il ruolo di combattente ad un paziente può essere particolarmente dannoso, perché suggerisce che chi rifiuta o perde la battaglia contro il cancro manca di determinazione e di fibra morale, cioè ‘è solo colpa tua se stai morendo perché allora vuol dire che non hai combattuto con sufficiente forza’. Tutto questo ribadisce ancora una volta l’importanza e le implicazioni della comunicazione tra medico e paziente.

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Daniela Martinelli (daniela.martinelli@aopoma.it)

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