Qualche anno fa mi è capitato di partecipare ad un’uscita in barca a vela sul lago di Garda con un gruppo di pazienti seguiti in Oncologia e in Ematologia presso gli Spedali Civili di Brescia nell’ambito di un progetto denominato Progetto Itaca. Era stata una giornata molto intensa e ricordo che c’erano delle pazienti oncologiche con metastasi ossee e tra me e me mi chiedevo se non provassero dolore (è stata una delle mie poche esperienze in barca a vela e decisamente non utilizzerei l’aggettivo comoda per descriverla) e soprattutto se non avessero paura di farsi male. La risposta credo di averla trovata in un post di qualche giorno fa nella pagina Facebook dell’Associazione Le Ali Onlus di Brescia che insieme all’AIL (Associazione Italiana contro le Leucemie-linfomi e mieloma onlus) collabora a questo progetto.
Il dolore in vela:
Lo si annega, c’è acqua in abbondanza
Si può dipingerlo di azzurro, di verde, di blu …
Lo si può spargere nel vento e lasciarlo andare lontano
Si può condividerlo con gli altri, così da farlo diventare più piccolo
e leggero
Lo si porta a spasso mostrandogli che c’è qualcosa di stupendo,
che non esiste solo lui.
Lo si spiazza, dandogli dimostrazione di coraggio e di voglia di
libertà.
Spesso lo si dimentica, lo si lascia lì in un angolino come a dire:
VINCO IO!!!!!!!!!!!
Lo si confonde cambiando rotta, cambiando direzione alle vele.
Lo si stordisce di risate.
Lo si acceca con il riflesso del sole sull’acqua che brilla.
Ma soprattutto il dolore lo si accetta, come del resto si fa con la
gioia, lasciando le certezze a riva e improvvisandosi marinai.
(Chiara)
Daniela Martinelli (daniela.martinelli@aopoma.it)