È un segno dei tempi l’uso di un profilo Facebook pubblico creato da un papà per raccontare la malattia (neuroblastoma) della figlia di 4 anni. Ed è ancora più stupefacente l’obiettivo dichiarato dal padre (Andy Whelan) che ha creato il profilo: documentare la sofferenza della figlia e lo svolgersi delle sue ultime settimane perché ci sia maggiore consapevolezza sul cancro nei bambini. Questa è l’ennesima dimostrazione che l’esperienza diretta rende palese l’infondatezza dei tabù sociali che ancora oggi appesantiscono la terminalità, in primis, quella dei bambini cui viene solitamente negata l’informazione su questi temi con gravi danni relazionali ed educativi. Da rilevare sono anche le parole con cui Andy Whelan il 21 novembre 2016 ha annunciato la morte di Jessica: “Mi sento triste e sollevato insieme nel dirvi che Jessica ha finalmente trovato la pace alle sette di questa mattina”. Sono parole che esprimono un vissuto che spesso affiora nei familiari dei nostri malati ma che vengono non raramente pronunciate con difficoltà e un (ingiustificato) senso di vergogna e che vanno accolte con sincera rassicurazione da parte nostra per prevenire sensi di colpa. Parimenti importante è la narrazione del padre circa l’accettazione delle cure palliative e la rinuncia a trattamenti antitumorali sproporzionati
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Luciano Orsi ( luciano.orsi@aopoma.it)